Quando il fattorino è re
di Franco Farina
Come il Covid ha esaltato l’attività di Paolo Morabito, che prima effettuava cinque “ciclo-consegne” al giorno, adesso quasi cinquanta ed è uno dei pochi a vivere tutta la città
È difficile intervistare Paolo Morabito. Cerco nella mia pluridecennale carriera di giornalista le interviste più difficili ottenute e questa rischia di batterle tutte: cinque giorni di vani appostamenti facendo nell’attesa, con tanto di mascherina, la lunga coda al negozio di alimentari dove lavora, senza riuscire a intercettarlo. Paolo non c’è mai. Più si avvicina Pasqua e più le soste per ricaricarsi di merce sono poche e veloci. I clienti aspettano il cibo obbligati nei loro “nidi” e Paolo è diventato non solo utile (è sempre comodo che qualcuno ti porti la spesa a casa), ma in questo momento quasi salvifico.
Il suo lavoro è cambiato (dentro la bottega due persone lavorano a prendere gli ordini e preparare le spese che deve consegnare) e aumentato (del 700%), ora che la gente cerca/deve uscire di casa il meno possibile. Dalle 5-7 consegne domiciliari per «fare una gentilezza per i clienti», è passato a pedalarne 40-50, «perché è una necessità». Il suo orario di lavoro si è dilatato, i suoi chilometri moltiplicati in proporzione. Sì, perché per scelta personale, quasi tutte le consegne Paolo continua a farle in bicicletta, anche se ha a disposizione la scelta tra due auto.
In questo momento credo che sia una delle persone che vede in maniera più estesa e puntuale la città, dato che oltretutto le sue “missioni” spaziano da Ghezzano a San Rossore: «C’è troppa gente in giro – mi ha detto quasi una settimana fa – La gente non ce la fa più a stare a casa» e due giorni dopo tutti i telegiornali hanno aperto con l’eccesso di frequenza delle persone nelle strade e nelle piazze. «Io faccio quello che posso, ma non è un problema di necessità, è che cominciano a non farcela più con la testa».
«Sarà un’ora che non lo vedo – mi dice Francesco, uno dei proprietari del negozio – Specie in questo periodo si gestisce un po’ da solo. Lui sente molto la responsabilità. Uno dei primi giorni di quarantena diventò una bestia quando un signore svuotò letteralmente gli scaffali. “E ora cosa gli diamo a tutti gli altri?!”, ripeteva sconcertato». Aggiungo che Paolo non è proprio un ragazzino, (dato che veleggia oltre i cinquanta) e che certamente non fa tutto questo moto per mantenere il fisico o per le mance dei clienti, che mi assicura non essere cambiate malgrado i tempi che corrono.
La cosa che lo stimola di più è proprio il rapporto con le persone che poco alla volta si affidano, in quantità crescente, alla sua ostinata efficacia. Prima o poi Paolino arriva, anche perché, malgrado il negozio chiuda alle 13.30 lui, in questo giorni, finisce di consegnare alle 15.30. Se ve lo presentassero forse pensereste a un uomo tranquillo, un po’ schivo, routinario e magari sedentario; ma al di là di questa sua spiccata propensione per i micro-spostamenti, egli ama in realtà anche le grandi distanze: Los Angeles e Las Vegas dove è andato ben quattro volte per giocare d’azzardo («e che ci si va a fare altrimenti a Las Vegas» mi dice, contrappuntando la mia perplessità); ma anche Sudafrica e Giappone. «Ma questa situazione mi ha bloccato la fantasia riguardo al prossimo viaggio», mi dice un po’ rassegnato.
Se vi capitasse di incontrare in una delle strade del centro un ex ragazzo un po’ maturo, di corporatura media, con una normale bicicletta stracarica di roba, spesso in equilibrio non necessariamente precario, quanto certamente impegnativo, probabilmente è proprio Paolo Morabito, in arte Paolino; provate a chiamarlo, ora che la Pasqua è passata, magari il tempo per fare due chiacchiere lo trova; ovviamente con la mascherina e alla debita distanza.
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