Muoiono i tesori di Pisa
Al museo di San Matteo è custodita una tavola in cui Sant’Orsola, prima patrona di Pisa, è intenta a salvare la città da un’alluvione; la città, impersonificata da una giovinetta bionda, non appare troppo sconvolta, forse per l’estrema fiducia posta nella celeste apparizione o per la bellissima veste decorata di tante aquile imperiali a indicare la sua scelta ghibellina. È un dipinto particolare che rivela importanti problematiche di conservazione; ma la buona notizia, di questi giorni, è che il suo restauro è cosa certa ed imminente. Ad assicurarcene è stato il neo direttore Pier Luigi Nieri, che da marzo è subentrato a Fabrizio Vallelonga, ora direttore del Museo Etrusco di Chiusi, restato al San Matteo solo un annetto e poco più.
Buono sapere che qualcuno salverà l’opera, ma chi salverà il museo dall’ignoranza di pisani e turisti? Dalla sua nascita (1949) ad oggi non c’è mai stata proporzione tra la bellezza delle opere che il museo custodisce e l’afflusso di visitatori; lo dicono gli esperti (in primis la prof.ssa Gioli, docente di Museologia del nostro ateneo intervistata sull’argomento), lo dicono le cifre. Gli ingressi nel 1996 sono stati 10.489, nel 2019 10.293 (anno pre-covid e quindi non penalizzato da questo). Non si tratta certo di pretendere i 4.391.895 visitatori degli Uffizi o di trovare dei colpevoli, quanto semmai capire i motivi di tanto insuccesso e se si può fare qualcosa. I pisani hanno un tesoro che non riescono a sfruttare, né per la loro ricreazione né per la loro formazione identitaria. Non sanno che c’è, non sanno cosa sognare di farsene, non sanno cosa pretendere dagli amministratori o da se stessi.
Chi salverà il museo dall’ignoranza di pisani e turisti? Dalla sua nascita ad oggi non c’è mai stata proporzione tra la bellezza delle sue opere e l’afflusso di visitatori
Un museo potrebbe essere un luogo che si abita, non necessariamente un posto in cui si va per vedere ogni volta tutta la collezione; potrebbe essere un luogo d’incontro e di dialogo, con gli esperti e con gli altri sulle opere e davanti alle opere. Un posto permeabile e sociale, dove si possono organizzare anche eventi culturali “altri”; nel caso specifico, un luogo dove si completa ed arricchisce la nostra identità culturale di cittadini di un’importante città medioevale. Il Museo di San Matteo ha una posizione invidiabile, un bellissimo chiostro, un’ampia sala molto grande per possibili eventi (che saggiamente Nieri si propone di predisporre al meglio quanto prima). Ma ha uno staff tecnico scientifico limitato, poco personale per garantire le aperture ordinarie (figuriamoci quelle straordinarie), non ha abbastanza stanze per esporre il proprio patrimonio (che in buona parte resta nei magazzini), è condannato ad essere conosciuto in rete solo grazie al sito della Direzione regionale musei della Toscana, che è un imbarazzante oggetto di modernariato, nemmeno leggibile col cellulare, mentre non sarebbe strano avesse addirittura un social media manager (più che un volenteroso direttore che quando può aggiorna la pagina Istagram); non ha un book shop, non ha un catalogo, non ha una sezione didattica permanente, non ha un impianto di climatizzazione, non ha un free wi-fi al suo interno, non ha un bar o un luogo dove è comodo stare ed incontrarsi.
È ovvio che un museo non adeguatamente comunicato non avrà incremento di visitatori, né maggiori ricavi; ma anche qualora l’avesse, i soldi andrebbero comunque alla Tesoreria Generale dello Stato; è il Mibact che poi li restituisce alla Direzione generale Musei, che a sua volta li riassegna alle direzioni regionali per il funzionamento base: bollette, manutenzione… solo la sussistenza insomma. Il Museo potrebbe forse decidere di chiedere la gestione autonoma, come ottenuto da poco dalla Pinacoteca di Siena; ma non è assolutamente chiaro né chi la debba chiedere, né come la si ottenga; è una scelta eminentemente politica, per ammissione dello stesso Dott. Casciu, direttore dei Musei Nazionali Toscani. È lo stesso Casciu a definire di fatto irrimediabile questo circolo vizioso che attanaglia il nostro e presumibilmente anche altri musei sotto la sua giurisdizione. La storia è sempre la stessa: i soldi sono pochi, senza un piano veramente lungimirante di investimento sulla comunicazione e gestione del nostro invidiabilissimo patrimonio artistico e la riforma Franceschini che pure elencando con nitidezza cosa ci dovrebbe essere per poter ben fare, di fatto non fornisce ai musei quei mezzi necessari che enuncia.
Da cittadini dovremmo aumentare la nostra consapevolezza sul San Matteo e su altri tesori pisani sottoutilizzati. Se li avessimo ben presenti, potremmo andare oltre l’adagio “bella la mi’ Pisa!”, sospirando al Duomo o intasando i social con le foto dei tramonti dal ponte della Fortezza
La palla torna quindi in mano a noi cittadini; dovremmo forse strepitare di più? Invocare situazioni nuove? Almeno dibatterne? Senz’altro prima di tutto sensibilizzarsi a questo e altri tesori presenti in città, sottoutilizzati oppure chiusi, sprangati, murati. Se li avessimo ben presenti, potremmo almeno andare oltre l’adagio “bella la mi’ Pisa!” sospirando al Duomo o intasando i social con le foto dei tramonti dal ponte della Fortezza.
Nell’angolo in alto a sinistra della tavola in cui Pisa è salvata dall’alluvione, anche Dio stende il braccio a coadiuvare lo sforzo della santa; senza aspettarci tanto, forse potremmo cercare di fare qualcosa: intanto chiedendo contezza dei tanti, troppi portoni chiusi in città, che ci fanno dimenticare cosa custodiscono; con buona pace di chi dovrebbe amministrare la cosa pubblica e invece perché incapace a trovare soluzioni a problematiche complesse che necessitano di coraggio e capacità gestionale, conta sull’oblio del cittadino. Per quanto ci riguarda è già avviata, per essere in edicola all’inizio del prossimo anno, un’indagine accurata sul lungo elenco dei tesori dormienti e occultati della nostra città, affinché ritorni luce e potenzialità sui tanti beni più grandi e più piccoli, senz’altro da non dimenticare.
Editoriale pubblicato sul numero 4 – Anno 8