«Il mio pianoforte è Corso Italia, il pc le Vettovaglie»
di Matilde Giampieri foto dall’isolamento di Tommaso Novi
La mania del caffè e dei bastoncini di pesce. La nostalgia della pesca e della motocicletta. Viaggi mentali e confessioni di Tommaso Novi in quarantena, “recluso” in una casa che ne svela vizi, passioni e ossessioni
«Provo una sensazione d’odio verso i social, come mai prima d’ora. Non mi ritrovo proprio per niente in questa angoscia generale, tutti che si disperano. Non riesco proprio a comprenderlo». Mentre quasi tutto il mondo è in preda al panico da quarantena, Tommaso Novi rappresenta una grande eccezione. Venti anni fa si era reso conto che la sua vita era diventata come il film Trainspotting e volle mettere fine a quel vortice di dipendenze. Come una monaca decise di chiudersi in una clausura forzata e di prendersi una pausa dal mondo circostante. «La prima clausura l’ho vissuta come una manna dal cielo, nel senso che è stata per me una scoperta geniale. Mi sono sentito un eroe. Ho reagito diversamente per quanto riguarda questa quarantena perché potrei sprofondare a livelli che non ho mai toccato (un eccesso di abbrutimento da divano). C’è questa condizione di allerta costante che mi porta a fare movimento, faccio squat, flessioni, rispondo al telefono. Insomma, ho quarant’anni ed è tutto diverso, anche se alcune azioni si ripetono».
Durante la prima clausura Tommaso sostituì alla vita reale quella virtuale, che lo teneva a giocare al pc anche quattordici ore filate. Fu un periodo frenetico che vide Tommaso destreggiarsi tra svariati livelli e trincee virtuali. Se mi copri rollo al volo, il suo album uscito nel 2017, è il riassunto perfetto di quel periodo di clausura. I videogame sono rimasti una costante nella sua vita: un pc per scoprire una nuova realtà fatta di fughe, battaglie, guerre e strategie. Ecco che il videogioco Terraria diventa una grande metafora della sua esistenza, passata e odierna: si tratta di un escape game in cui bisogna scavare all’infinito per ottenere il materiale necessario per costruire il proprio mondo. Non a caso Mi sono scavato la casa è il titolo del suo primo libro, e a suon di livelli e di sfide Tommaso è riuscito a costruire la sua realtà così particolare, eclettica, ludica. «Sono passati esattamente vent’anni dall’ultima clausura», ed oggi, che la pandemia ha chiuso nuovamente l’ex cantante dei Gatti Mezzi nelle quattro mura di casa, le cose sono un po’ cambiate. «Ho capito di aver attraversato due fasi: in prima battuta ho subito pensato di essere più ganzo di tutti perché avevo già vissuto una situazione simile, con il passare delle settimane avverto un sentimento strano e diverso dal sentire comune. Sono sicuro che mi sentirò ancora peggio quando tutto finirà perché io sto bene a casa».
Il rumore del decollo degli aerei e il cigolio delle ruote dei treni fanno da colonna sonora al quartiere San Marco. Questo suono inconfondibile pervade la casa di Tommaso e si mischia alle note del suo pianoforte per arrivare fino a me, collegata in videochiamata da San Martino. Approfitto della situazione, e della sua indole, per realizzare un’intervista che diventa ben presto un gioco in cui, non potendo muovere le mie pedine da sola, lascio fare a lui. Questo gioco ha fatto sì che Tommaso diventasse anche fotografo e così ha aperto le porte della sua casa attraverso racconti e immagini. La partita inizia. «Mi piace pensare alla mia casa come alle zone di una città», dice Tommaso, iniziando a fare da cicerone nella sua Pisa in miniatura: piazza delle Vettovaglie con i suoi chiacchiericci, la musica fino a tardi e la perenne coltre di fumo è l’angolo del computer con due casse che sparano a volume altissimo le colonne sonore dei videogiochi. Proprio su quel 24 pollici si è formato il suo gruppo di gamers, “I cinghiali erranti”, che rappresenta una piazza virtuale. La sedia si gira ed è ponte di Mezzo per catapultarci tra le vetrine di Corso Italia: «Quando suono ho questa forte pulsione di cercare qualcuno che mi ascolterà, quindi il pianoforte sfama il mio narcisismo, d’altro canto si va in Corso per farsi vedere, per vivere la crema della società. Così mi piace pensare al pianoforte come a una vasca in Corso Italia». Il cuore della casa è proprio questo enorme pianoforte a coda sul quale si è generata un’entropia totale che vede i soldatini mischiarsi agli spartiti di Mozart e agli accordi di Dalla.
Allora il giardino circondato da siepi che impediscono la vista è il viale delle Piagge e così Tommaso, con la scusa di “buttare via il vetro”, scappa per un momento dalla sua Recanati e inizia un’avventura sulla via Sant’Efisio e Potito dove riscopre «sensazioni psico-fisiche molto gratificanti: il vento, la camminata, ma soprattutto guardare oggetti lontani. E così capisco che la quarantena ha provocato degli effetti anche su di me che ci sono abituato». Confessa che rivivere la clausura a vent’anni di distanza fa un certo effetto, oltretutto non la vive completamente da solo: per metà della settimana c’è il figlio con lui e questo ha fatto riemergere la sua «parte paterna fatta di orari, scadenze, normalità e di notifiche della chat delle mamme». Il figlio lo riporta alla normalità e cambia anche la sua dieta abituale. «Ho un rapporto strano con il cibo, quasi al limite del disturbo alimentare. Mi cibo più che altro per sopravvivenza», tanto che il piatto forte in casa Novi in questi giorni è bastoncini di pesce, crackers e maionese.
«Fino ai trent’anni ho cucinato pranzo e cena con molto piacere. Apparecchiare e mettere in tavola un pasto a una persona secondo me è un grande gesto d’amore. In questi ultimi anni vivo un po’ la contraddizione che vede da una parte la mia passione per la cucina e dall’altra un certo rifiuto che probabilmente deriva dalla condizione del single separato. A volte mi trovo a tavola da solo e capita che faccio qualche riflessione un po’ dolorosa, così sto meglio mangiando un tramezzino mentre sono in guerra sul pc. Quando c’è mio figlio torno ad essere una persona normale». Un sentimento paterno ritrovato, una voglia di “guardare lontano oltre la siepe”, uno stato di allerta costante per tenere d’occhio il giusto bilancio di vizi e virtù. Insomma, siamo di fronte a un Tommaso Novi cambiato. Aggiornato alla versione 2.0 di sé stesso.
Tommaso ha molte fissazioni, e una dipendenza su tutte: il caffè. «Senza pianoforte, senza pc, senza tabacco riesco a vivere, ma senza caffè mi è impossibile». E poi ci sono le svariate ventoline, stufe e phon che nell’entropia generale di casa Novi regnano sovrani: «In ogni stanza ho una ventolina che fa rumore e quando mi sposto le accendo, mi aiutano a pensare. È una piccola dipendenza, fra tutte le altre, che però non trovo così pericolosa».C’è un argomento che al solo nominarlo fa dilatare le pupille di Tommaso come se fosse qualcosa di stupefacente: «Boia, è una delle cose che sto smaniando di più. La pesca è uno dei motivi che mi fa uscire di casa anche a cose normali. Farei carte false per un permessino che mi portasse sul mare. Finita la quarantena prendo la moto e scappo a pescà’, subito. Quando monto in moto perdo il cervello. È una moto che va molto forte, quando hai spazio in autostrada e puoi tirarle un po’ il collo avviene questo bombardamento di dopamina, serotonina, insomma un mix devastante. Poi scendi e ti lascia addosso qualcosa di paragonabile a sostanze pesanti, un delirio di onnipotenza. Diciamo che quando sono in moto mi sento molto bello». E aggiunge: «Passi per le vie, tutti ti guardano e pensi “Madonna ragazzi, ma cosa ciò, ma cosa sono?”». È da queste sensazioni che nasce il nuovo singolo Molto bello, una canzone che parla della «libertà e della follia che ti entra nella testa quando vai forte sulla moto. È un po’ come quando ti metti un vestito e in questo senso mi sento molto femmina». E parlando di “femminilità” mi dice della moto e della sua compagna: «Vado da solo, ma rimane molto bello anche andare in due. Con la giusta “zavorrina” è un’altra cosa; è veramente ganzo. Poi finita la quarantena la passo a prendere».