Di chi sono i muri di Pisa?
È sempre più frequente di questi tempi imbattersi, su giornali e social, in foto di assessori che, armati di idropulitori, posano fieri davanti a muri ridipinti di fresco. Attestano la vittoria contro le scritte sui muri cittadini e trionfalmente affermano di aver restituito decoro alla città contrastandone il degrado. È un’affermazione bipartisan che rimbalza di comune in comune e nella nostra città ingloba anche l’Ateneo, che nella persona di Marco Gesi, prorettore ai rapporti con il territorio, si è schierato a fianco dell’Amministrazione, impegnandosi a pulire i muri dei propri palazzi in nome di «un’azione sinergica che vuole mantenere e restituire una città più civile, più bella, più pulita»; è quindi a fianco dell’assessore all’ambiente Filippo Bedini che ne ha fatto una vera e propria crociata e dell’impresa ama snocciolare cifre afferenti alle risorse investite e ai metri quadri di scritte rimosse. Lo sforzo economico stupisce (nel 2020 un ammontare complessivo di 155.480 euro), come l’uso reiterato dell’aggettivo sostantivato “decoro” usato per etichettare come indiscutibilmente positiva la pratica di cui stiamo parlando. Ma “Decoroso” ha a che fare con il Bello e sappiamo quanto nessun termine sia meno oggettivo dell’aggettivo “bello”. Se nessuno contesta la pulitura di scritte su monumenti di alto valore artistico o di scritte becere o sessiste, per molti muri e altre scritte, per un altro amore per Pisa, per un’altra sua storia, si potrebbero forse fare ragionamenti un pochino più complessi, che inglobano altri punti di vista, foss’altro per amore di dibattito. Perché a “Imbiancato è bello” un’altra parte della città potrebbe obbiettare “Muro pulito = popolo muto”.
Continua a leggere